Fumo, dieta ricca di grassi, diabete e predisposizione familiare possono aumentare il rischio di insorgenza della malattia, ma per ora l’unica categoria a rischio su cui si può intervenire con la diagnosi precoce sono i soggetti che hanno familiarità. Cioè hanno almeno due familiari di primo-secondo grado che si sono ammalati di carcinoma. «Sono poco meno del 10% del totale dei tumori del pancreas – spiega Alessandro Zerbi, responsabile Chirurgia del Pancreas Humanitas e docente Humanitas University – questo sotto gruppo è l’unico in cui si può fare diagnosi precoce. Chi sa di avere familiarità dovrebbe fare esami del sangue ed esami radiologici periodici. Oggi è attivo uno studio dell’Associazione italiana per lo studio del pancreas, a cui aderiscono i principali centri italiani che si occupano della patologia: i soggetti a rischio possono essere inseriti in questo studio ed essere monitorati con una risonanza magnetica annuale per individuare precocemente eventuali anomalie. Poi, se necessario, si fanno altri esami di approfondimento. Il monitoraggio così organizzato per ora è attivo solo nell’ambito dello studio, non è ancora standardizzato su tutta la popolazione a rischio».
Il restante 90% dei casi di tumore al pancreas, invece, è dovuto agli stili di vita scorretti, ma non ci sono fattori di rischio specifici e diversi dagli altri tumori. Questo non permette di individuare altri gruppi di popolazione a rischio su cui intervenire. «Nella popolazione generale non è facile fare diagnosi precoce e si cerca quindi di sensibilizzare sulla prevenzione primaria, quindi attenzione allo stile di vita e ai sintomi precoci che sono spesso un po’ subdoli» continua l’esperto. «Se riconosciuti in tempo possono permettere una diagnosi precoce, ma spesso nelle fasi iniziali il tumore al pancreas è asintomatico, e quando si “sente” significa che il tumore probabilmente è già cresciuto».